sabato 29 dicembre 2012

Il pensatore

 

Auguste Rodin, “Il pensatore”, 1880
Parigi, Musée Rodin

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JOSÉ EMILIO TALLARICO

LE PENSEUR - 1880

Con la posa forzata
nessun orizzonte si intreccia.
Amaro re che liba nei ruscelli dell’infanzia.
Mole, immobilità da cui non ci si affranca
(una fonte di naiadi sbaraglia il futuro).
Strano re: come si può essere e non essere al contempo?
Chi forgia il pensiero?

venerdì 7 dicembre 2012

Cappella di San Brizio

 

 

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Luca Signorelli, Affreschi nella Cappella di San Brizio,
Duomo di Orvieto, 1499-1502

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AFFONSO ROMANO DE SANT’ANNA

PIÙ BELLEZZA, SIGNORE

Zio Lemos, umile servo e pastore,
nella sua vita così spodestata
ancora diceva: - Basta benedizioni, Signore!

In Toscana, in questo azzurro autunnale,
banchettando con il corpo e lo spirito
sorseggiando la gloria mistica dei santi
quasi arrivo a dire: - Basta benedizione, Signore!

Eppure, la mia anima insaziabile
sembra non accontentarsi mai, e implora:
"Più bellezza, più bellezza, Signore!"

E il Signore, impaziente, comanda;
entra in questa chiesa di Orvieto
e davanti agli affreschi di Luca Signorelli
inginocchiati e piangi.

lunedì 29 ottobre 2012

Natura morta con limoni

 

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Francisco de Zurbarán, Natura morta con limoni, arance e rosa, 1633
Pasadena, Norton Simmons Museum

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ADAM ZAGAJEWSKI

ZURBARÁN

Zurbarán dipinse
santi spagnoli
e nature morte,
li alternava,
e per questo gli oggetti
che giacciono sulle tavole massicce
delle sue nature morte
sono, anch’essi, santi.

martedì 23 ottobre 2012

Testa di Elena

 

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Antonio Canova, Testa di Elena, 1811
San Pietroburgo, Ermitage

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GEORGE GORDON BYRON

SUL BUSTO DI ELENA DEL CANOVA

In questa vista di marmo ammirevole,
Sopra i pensieri e i lavori dell’uomo,
È quel che Natura poteva ma non volle fare,
Mentre possono Canova e la Bellezza!
Al di là della forza di immaginazione,
Al di là dell’arte sconfitta del Poeta,
Con l’immortalità come sua dote,
Ammirate la Elena del cuore!

lunedì 15 ottobre 2012

Ragazza con l’orecchino di perla / 2

 

Johannes Vermeer, Ragazza con l’orecchino di perla, 1665
L’Aja, Mauritshuis

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ADAM ZAGAJEWSKI

LA RAGAZZINA DI VERMEER

La ragazzina di Vermeer,  ora celebre
mi guarda. Una perla mi guarda.
Le labbra della ragazzina di Vermeer
sono rosse, morbide e lucide.
Oh ragazzina di Vermeer, oh perla,
turbante blu: sei tutta luce
e io sono fatto d’ombra.
La luce guarda l’ombra dall’alto
con tolleranza, forse con pietà.

(da "La ragazzina di Vermeer", 2010)

domenica 14 ottobre 2012

Donna con brocca d’acqua

 

 

Johannes Vermeer, Donna con brocca d’acqua, 1664
New York, Metropolitan Museum of Art

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ADAM ZAGAJEWSKI

LEI GUARDAVA ATTENTAMENTE DALLA FINESTRA

Lei guardava attentamente dalla finestra,
come aspettandosi da quella parte una risposta o un segno.
Per accertarsene, aveva afferrato il telaio della finestra
con le dita della mano destra.
La luce del giorno era diffusa e forte al contempo.
Non riusciva a distinguere nessun dettaglio.
E inoltre, regnava un silenzio assoluto,
come se le vie della città fossero
state sepolte da una pesante coltre di neve.
Infine capì:
sono soltanto una figura in un dipinto di Vermeer.

giovedì 4 ottobre 2012

Il tuffatore di Paestum

 

Tomba del Tuffatore, Lastra di copertura (dettaglio), V sec. a. C.
Paestum, Museo Nazionale

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ROBERTO MUSSAPI

PAROLE DEL TUFFATORE DI PAESTUM

Io sono l’anima di tuo padre, il tuffatore:
ti ho seguito ogni giorno, ti sono accanto,
conosco come allora le tue zone d’ombra,
il linguaggio dei moti tracciato dalla tua faccia,
niente è cambiato da allora, in questo senso.
Questa è la prima cosa che ho scoperto,
la prima che volevo dirti: non cambia la percezione
dei tuoi attimi, come non cambiava
di notte, nel sonno, o per la distanza.
So che questo mio soffio (dal fondo dell’acqua, tra le attinie)
sarà per te come le mie parole un tempo:
che ti infondevano memoria e coraggio,
più del vino o di una donna che ti guarda.
La mia prima scoperta, la prima verità è che nulla
si spezza nel segreto dell’anima.
Il resto è confuso, è presto
per cercare di riferirti,
coralli, attinie, vite che si disegnano da un moto
d’acqua e si dileguano all’istante.
Non tutto è luce, trasparenza, silenzio,
cunicoli di buio, respiri compressi, poi voci
che inalano in me come se io parlassi.
Scivolo verso un fondo sempre più distante
E sento che una luce sommersa mi chiama da oriente:
non so dove finisca, per ora,
non so che cosa sia ma so che amore
la muove e ne determina il respiro.
Di questo viaggio parlerò più avanti,
quando esperito sarà conoscenza,
posso parlarti di quanto ho lasciato,
sopra la superficie azzurra delle acque,
tra le sabbie bianchissime, le palme,
l’ombra degli ulivi, il vino
che veniva versato dalle anfore:
ama la terra rosa nel tramonto,
immergiti nel mare per gioco, come un tritone,
gusta la frutta, il pane, bevi e mangia,
ascolta le risa delle ragazze,
cerca la loro bocca, ridi e dispèrati,
ringrazia ogni giorno il tuo paese lucente.
Io non sono tuo padre ma la sua anima,
non so quello che vivo ma ricordo,
la riva, la piscina, i colori che formano
lo strano disegno della vita mortale.
Vivi in quella ceramica smagliante e attendi
quanto saprò dirti più avanti, alla fine del viaggio.
Ma ora che dormi come quando in una culla
sembravi cercare i segreti del mondo,
ora che hai spalle più larghe e più radi i capelli,
ascolta le parole della mia anima
non so molto di lei, di me stessa,
(è presto, figlio, non conosco abbastanza,
ho appena iniziato, sto nuotando),
non pensare al mio corpo (è tardi,
perle, quelli che furono i miei occhi,
e le mie labbra contratte in corallo),
ma ho conoscenza del loro matrimonio,
di quando vivevano all’unisono nel mondo
e io, anima di tuo padre, il tuffatore
ti consegno solo questa esperita certezza
(dal fondo dell’abisso, nel brivido del tuffo):
che anche l’uomo può amare eternamente.

da La stoffa dell’ombra e delle cose, Mondadori, 2007

mercoledì 26 settembre 2012

La Duchessa d’Alba

 

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Francisco Goya, La Duchessa d’Alba, 1795
Madrid, Collezione Alba, Palacio de Liria

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MARÍA VICTORIA ATENCIA

LA DUCHESSA D’ALBA

Gli impeti hanno i loro ritorni freddi.
Come in amore, così nell’arte. Sono nastri
rossi e perline. D’altronde un’alba
attornia la signora.
La sua mano leva un dito
che con dolce autorità si smorza nei grigi.
Porta via il vento tante parole non dette,
e ferma il suo respiro sulla sabbia soffice
nell’angolo che firma don Francisco de Goya.

lunedì 17 settembre 2012

Sarcofago degli sposi

 

 

Sarcofago degli Sposi, VI secolo a. C.
Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

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FINA GARCÍA MARRUZ

SARCOFAGO DEGLI SPOSI

A VILLA GIULIA
VI secolo a. C.

Sostenendo le coppe
invisibili,
familiarmente, eternamente uniti
nel letto
de la fecondazione e della morte,
serenamente lucidi
e sorridenti
(con un "sorriso triste", come ha detto
il bambino alla maestra che indicava
con timida dolcezza tanta gloria),
voi lo affermate con bellezza:
Non solo l’amore
impossibile,
anche le nozze consacrate
vinceranno la morte.

Grazie,
gravidi sposi etruschi, no,
celesti,
che brindate per noi.

giovedì 6 settembre 2012

Ragazza con l’orecchino di perla

 

Johannes Vermeer, Ragazza con l’orecchino di perla, 1665
L’Aja, Mauritshuis

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ANTONIO GÓMEZ HUESO

JOHANNES VERMEER (1632-1675)

Vorrei aver vissuto quella sera di Vermeer,
lo svanire delle nuvole grigie a Delft,
avvertendo la tranquillità del giorno leggendario,
del debole sole vespertino,
oltre le torri.

E mi sarebbe piaciuto ricambiare il tuo sguardo,
il tuo pallido fascino, “ragazza della perla",
e strisciare su quelle sensuali labbra semiaperte,
sulla tua figura candida e cordiale.

E ubriacarmi di quella luce drastica,
che anima e abbraccia gli antenati,
che trascende ed esalta la città desolata
sulle spettrali ombre del canale.

Vorrei aver vissuto quella sera di Vermeer,
essere la figura che manca in tanta solitudine.

giovedì 30 agosto 2012

Busto di Nefertiti

 

 

Busto di Nefertiti
Berlino, Neues Museum

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MARTIN LÓPEZ-VEGA

TESTA DI NEFERTITI

Benché tu sia orba,
e abbia un orecchio rotto:
hai fatto innamorare il tempo,
e sorridi orgogliosa.

 

 

FOTOGRAFIA © PHILIP PIKART

lunedì 27 agosto 2012

La Pietà

 

 

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Michelangelo Buonarroti, La Pietà, 1498-1499
Città del Vaticano, Basilica di San Pietro

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FINA GARCÍA MARRUZ

LA PIETÀ DI MICHELANGELO

                                                                          A Dinorah

Oh, è come una luna,
queste esili membra sostenute
dalla madre, ora forte,
oltre il dolore.

La mano che lo sostiene raggrinza
leggermente la pelle sotto le spalle.
L’altra, da regina, sembra mendicare.

Non piange più: sacrifica il Figlio
che amava cullare,
il suo bambino immenso
che divenne l’inaudito.

Oh,  è come la sottile
luna calante.

giovedì 23 agosto 2012

Arciere assiro

 

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Assurbanipal a caccia di leoni (Dettaglio  di un arciere), 650 a.C. circa
Bassorilievo su calcare alabastrino,  Londra, British Museum.

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MARTÍN LÓPEZ VEGA

ARCIERE ASSIRO

Non scaglierai mai quella freccia:
prima di poter uccidere,
ti uccise il tempo.

lunedì 20 agosto 2012

Canestra di frutta

 

Caravaggio, Canestra di frutta, 1599
Milano, Pinacoteca Ambrosiana

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ÁNGELES CARBAJAL

LA PRIMA PAROLA DEL TUO RITORNO

Torneremo a salire
gli scalini amaranto della sera.
Ma prima, lascia che svanisca
tutto ciò che ti ha abbandonato o che hai abbandonato
e indovina chi
legge i tuoi libri e sceglie
per te le parole
che si dicono o si tacciono
senza dimenticare nulla.
Ninfea tra le mani,
carta e penna, indovina
chi innamora la luce d’inverno
sul cesto di frutta di Caravaggio.

giovedì 19 luglio 2012

Il bacio

 

 

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Gustav Klimt, “Il bacio”, 1907-1908
Vienna, Österreische Galerie Belvedere

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TERESA COLOM

IN UN QUADRO DI GUSTAV KLIMT

Spogliami.
Disegna le mie forme di donna.
Avvolgimi,
coprimi con abiti colorati,
con generose dorature.
Fa’ di me il miglior paesaggio.
Lascia che ti faccia credere che io dorma
affinché tu possa risvegliarmi.
A me, quella vera,
circondami di sogni,
vestimi dei miei capelli,
con lustrini di passione estetica ed audace.
Verniciami di desiderio,
senti la mia pelle guardandomi.
Guardami,
che mi lascio guardare;
come in un quadro di Gustav Klimt.

giovedì 12 luglio 2012

Albero della vita

 

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ALBERO DELLA VITA, XII secolo
Mosaico absidale, San Clemente, Roma

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FINA GARCÍA MARRUZ

CROCE DI COLOMBE

                                          Per Isabel, che mi ha fatto conoscere la basilica de San Clemente
                                                                                                    (Mosaico dell’abside, sec. XII)

Credevamo che la croce
fosse solo di amarezza
ora vediamo le colombe
popolare i suoi rami.
(Vero che è a San Clemente
e nel secolo di Maria.)
La croce mette radici
dove, in cerchi magici,
nasce la vita; i cervi
bevono l’acqua che zampilla
dal Dolore; sotto la sua chioma
uomini e donne
si dedicano ai loro lavori,
e sulle tavole notturne,
bianchissime, le colombe
camminano. È il loro giardino.

mercoledì 9 maggio 2012

Paesaggio toscano

 

 

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Ottone Rosai, Paesaggio

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ALESSANDRO PARRONCHI

RETROSPETTIVA DI ROSAI

Il ritrovarsi tra i tuoi quadri, Ottone,
a un venticinquennio dal tuo addio
- sulla curva dell’Arno al Girone
o lassù sotto il forte di Belvedere

l’ora che traccheggia sui muri
del caffè scordando l’eternità,
la strada tra i campi che s’allontana
dietro un sole che non è più mio,

l’arrotarsi dell’occhio degli amici
contro un cielo di burrasca… – ci conforta,
ci infonde più coraggio
per affrontare la morte.

Quel tuo sguardo bruciante di tenerezza
lo rivediamo oggi più calmo,
persa l’asprezza dell’invettiva
risentiamo la tua voce viva.

Spezza, Ottone, una lancia
se tu puoi nell’al di là, per noi.
Il ricordo che in te piange s’illumini
prima che questo giorno si consumi.

 

(da Climax)

mercoledì 2 maggio 2012

Il 3 maggio 1808

 

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Francisco Goya, Il 3 maggio 1808
Madrid, Museo del Prado

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LAWRENCE FERLINGHETTI

NELLE PIÙ BELLE SCENE DI GOYA

Nelle più belle scene di Goya crediamo di vedere
la gente del mondo
proprio nell’istante in cui
ottennero per la prima volta il titolo di
“umanità sofferente”
Si contorcono sulla pagina
con autentico furore
di avversità
Ammucchiati
gemendo con bambini e baionette
sotto i cieli di cemento
in un paesaggio astratto di alberi seccati
statue ricurve rostri e ali di pipistrello
forche scivolose
cadaveri e galli carnivori
e tutti gli ultimi mostri urlanti
della “immaginazione del disastro”
sono così maledettamente veri
è come se esistessero ancora
Esistono infatti
Solo il paesaggio è cambiato
Siamo ancora sparsi lungo le strade
infestate da legionari
falsi mulini a vento e galli dementi
Siamo la stessa gente
soltanto più lontana da casa
su autostrade larghe cinquanta corsie
su un continente d’asfalto
scandito da invitanti cartelli pubblicitari
che illustrano imbecilli illusioni di felicità
La scena mostra meno carrette di tortura
ma più cittadini menomati
in macchine colorate
con strane targhe
e motori
che divorano l’America

venerdì 27 aprile 2012

Equestrienne

 

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Marc Chagall, Equestrienne, 1931

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LAWRENCE FERLINGHETTI

N. 14


Non permettere a quel cavallo
di mangiarsi quel violino

urlava la madre di Chagall

Ma lui
continuò lo stesso
a dipingere

E divenne celebre

E continuò a dipingere
Il Cavallo Con Violino In Bocca

E quando finalmente lo terminò
saltò sul cavallo
e galoppò via
agitando il violino

E poi chinandosi appena lo dette
al primo nudo indifeso che incontrò

E senza alcun accordo


(traduzione di Roberto Fedeli)

 

segnalazione di Beatrice Orlandini

lunedì 23 aprile 2012

Le rondini

 

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Edouard Manet, Le rondini, 1873
Zurigo, Stiftung Sammlung E. G. Bührle

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ANNA ELISA DE GREGORIO

LE RONDINI DI MANET

Due macchie in contrasto di colore,
nel bianco la ragazza annuvolata
da velature grigie, nel nero schiarito
di antracite l’altra donna. Proprietà
suprema del pennello di assegnare
a ciascuna l’età: la giovinezza è piena
di sé, la vecchia un po’ stanca.

La luce che si muove e definisce
profili in veletta, tese abbassate:
è lei la vivace, la bella che vola,
e con lei due rondini minuscole
che planano a terra, segni di croce
aperti fra il verdegiallo del prato
a svegliare il silenzio del mondo,
al di sotto del cielo, oltre la lentezza
d’arcadia delle mucche e i tetti rosa.
Felicità assordante il loro canto.

Laggiù vicino alle pale di un mulino
quel sognaccio rosso da maestrina
che annulla le nuvole: è un marameo
del pennello stanco di perfezione.

(da Le rondini di Manet, Polistampa, 2010)

mercoledì 18 aprile 2012

Autoritratto –Van Gogh

 

Vincent Van Gogh, Autoritratto, 1889
Londra, Courtauld Institute Galleries

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LUIGI DI RUSCIO

VINCENT VAN GOGH

Il tuo ritratto brulicante di tutti gli umori terreni 
urla ancora ad ogni passaggio d'uomo 
per te riconosciamo dove volano i corvi 
dove il  mietitore castra l'ardente della vita.

 

(da Le streghe s’arrotano le dentiere, 1966)

mercoledì 11 aprile 2012

I coniugi Arnolfini / 2

 

Jan Van Eyck, I coniugi Arnolfini, 1434
Londra, National Gallery

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MURILO MENDES

IL QUADRO

È vero che Giovanni Arnolfini
non guarda la moglie – forse incinta –
guarda piuttosto lo spettatore
anche lui protagonista / oltre che testimonio.

*

C’è un rumore di macchine a Trafalgar Square
che altera la regola indispensabile
all’esatto svolgimento delle nozze
come lo ha voluto Van Eyck.

*

Il grande copricapo del negoziante
conclude un ordine un sistema
dove apparentemente
« tout n’est qu’ordre et beauté,
luxe, calme et volupté».

*

Il gesto della mano destra benedice il cosmo.
La donna china il viso orientalizzante,
la testa è coperta da un velo in merletto di Malines;
il vestito verde s’atteggia in larghe pieghe.

*

Nello sfondo lo specchio, solita spia fiamminga,
riflette i coniugi e altre due figure;
reca dieci tondini con episodi della Passione.
Il candeliere a sei bracci è nobile:
potrebbe stare in cucina.

*

Le pantofole / il cane / sono pronti ad ubbidire.
La frutta sulla tavola rappresenta
un minimo di natura.

*

Per la finestra aperta entra l’aria di Bruges.
Il gran letto nuziale è vermiglio: l’amore.

*

Le Fiandre raggiungono il vertice del potere economico
scambiano cultura e merci con i mari distanti.

*

La coppia umana esiste ancora,
comanda ancora il sistema:
tutto si regge perché appunto essa si regge.

martedì 10 aprile 2012

I coniugi Arnolfini / 1

 

Jan Van Eyck, I coniugi Arnolfini, 1434
Londra, National Gallery

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PAUL DURCAN

I CONIUGI ARNOLFINI

Siamo gli Arnolfini.
Non crediate di poter violare
la nostra privacy perché non potete.

Stiamo sull’attenti davanti al ritratto,
il più erotico ritratto mai dipinto,
perché convinti che l’artista

renda giustizia alla pluralità,
fertilità, domesticità, alla nudità dei piedi
di un uomo e una donna che dicono “noi”:

renda giustizia al nostro letto
come l’elemento più necessario del nostro mobilio;
renda giustizia alla nostra vita come riflesso.

Il nostro cervello trabocca sul pavimento
e il terrier ai nostri piedi annusa
le minuzie della nostra grandezza.

La parola più rilassante del nostro lessico è “noi”.
Immagina poter dire “noi”.
La maggioranza non è in grado di dire “noi”.

E tu? Che mangi da solo? Dormi da solo?
E all’alba pedali per andare al lavoro
con un pastore tedesco legato al manubrio?

Ora faremo una pausa per l’Angelus.
Ecco a te dunque:
le due metà della noce di cocco.

giovedì 5 aprile 2012

Le tre Grazie

 

Peter Paul Rubens, Le tre Grazie, 1635
Madrid, Prado

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WISLAWA SZYMBORSKA

LE DONNE DI RUBENS

Ercolesse, fauna femminile,
nude come il fragore di botti.
Fanno il nido in letti calpestati,
nel sonno la bocca si apre al chicchirichì.
Le pupille rovesciate all’indietro
Penetrano dentro le ghiandole da cui i lieviti stillano nel sangue.

Figlie del barocco, l’impasto si gonfia,
vaporano i bagni, s’arrossano i vini,
nel cielo galoppano porcelli di nuvole,
le trombe nitriscono l’allarme carnale.

O cucurbitose, o esorbitanti,
e raddoppiate dal cader dei veli
e triplicate dalla violenza della posa,
grasse pietanze d’amore!

Le loro magre sorelle si alzarono presto,
prima che nel quadro facesse giorno.
E nessuno le vide incamminarsi in fila
dal lato non dipinto della tela.

Esiliate dello stile. Costole contate,
mani e piedi d’uccello.
Provano a volare sulle scapole sporgenti.

Il Duecento gli avrebbe dato un fondo d’oro.
Il Novecento – uno schermo d’argento.
Ma il Seicento non ha nulla per chi è piatto.

Giacché perfino il cielo è convesso
convessi gli angeli e convesso il dio ―
Febo baffuto che su un destriero
sudato irrompe nell’alcova ribollente.

 

(da Sale, 1962)

mercoledì 4 aprile 2012

Uomo con zappa

 

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Jean-François Millet, Uomo con zappa, 1862
Los Angeles, Getty Center

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EDWIN MARKHAM

L’UOMO DALLA VANGA

Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio egli lo creò. -- Genesi

Curvo sotto il peso dei secoli s'appoggia
alla sua vanga e guarda fisso il suolo:
nel viso ha il vuoto delle età,
sul dorso il fardello del mondo.
Chi lo uccise alla gioia e alla disperazione,
creatura senza lamento né speranza,
balordo e tardo, affratellato al bove?
Chi sciolse e abbatté quella mascella brutale?
Quale mano ricacciò indietro quella fronte?
Quale fiato spense la luce in quel cervello?

È questa la creatura che Dio fece e volle
che avesse dominio sopra mare e terra,
che ricercasse, avida di potenza, le stelle,
e scrutasse i cieli, e sentisse il palpito dell'eternità?
È questo il sogno sognato da Colui che foggiò i soli
e segnò loro le vie nell'abisso antico?
In tutte le caverne dell'Inferno, sino all'ultima bolgia,
non c'è forma più terribile di questa,
più clamorosa di grida contro la cieca avidità del mondo,
più piena di segni e di portenti per l'anima,
più colma di pericoli per l'universo.

Quali baratri tra i Serafini e lui!
Schiavo alla ruota del lavoro, che cosa mai
sono per lui Platone e il corso delle Pleiadi?
Che cosa le lunghe ascese delle vette del canto,
lo squarciarsi dell'alba, l'incarnarsi della rosa?
Attraverso questa forma angosciosa
guarda la sofferenza dei secoli;
la tragedia del tempo è in quel curvarsi doloroso:
attraverso questa forma angosciosa l'umanità tradita,
derubata, profanata, diseredata,
grida la sua protesta ai poteri che fecero il mondo,
protesta ch'è anche profezia.

O padroni e signori e reggitori di tutte le contrade,
è questa l'opera di vostra mano che voi offrite a Dio,
questa creatura mostruosa, soffocata nell'anima, distorta?
Come raddrizzerete voi mai quella forma,
la toccherete ancora d'immortalità,
le ridarete alto lo sguardo e la luce,
ricreerete in essa la musica e il sogno,
renderete giustizia per le infamie immemorabili,
i perfidi torti, gli immedicabili dolori?
O padroni e signori e reggitori di tutte le contrade,
come farà il futuro i conti con quest'uomo?
Come risponderà alla sua bruta domanda, nell'ora
che turbini di ribellione squasseranno tutte le rive?
Che ne sarà di reami e di re,
di coloro che fecero di lui quello ch'egli è,
quando questo muto terrore s'ergerà a giudicare il mondo
dopo il silenzio dei secoli?

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segnalazione di Beatrice Orlandini

lunedì 2 aprile 2012

Due scimmie incatenate

 

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Pieter Bruegel il Vecchio, Le due scimmie, 1562
Berlino, Gemäldegalerie

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WISLAWA SZYMBORSKA

LE DUE SCIMMIE DI BRUEGEL

Questo di maturanda è il mio gran sogno:
sul davanzale due scimmie incatenate,
fuori svolazza il cielo
e fa il bagno il mare.

In storia dell'uomo
balbetto e arranco.

Una scimmia osserva ironica la scena,
l'altra sembra appisolata -
e quando alla domanda resto ammutolita,
mi suggerisce
col quieto tintinnio della catena.

(da Appello allo Yeti, 1957)

*

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grazie a Beatrice Orlandini per la segnalazione

domenica 1 aprile 2012

Acque correnti

 

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Gustav Klimt, Acque correnti, 1898
collezione privata

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LAWRENCE FERLINGHETTI

LE ACQUE CORRENTI DI GUSTAV KLIMT

Chi sono allora
le donne in questo dipinto
visto così, tanto tempo fa
Modelle con cui dormiva
o amanti o altre
in cui si imbatté
prendendole com'erano
e allora
le sognò addormentate
su acque correnti
gli occhi spalancati
lo scorrere violetto dei capelli
su corpi di alabastro
in flussi di lavanda
Matassa di capelli scuri spinta indietro
da una faccia scura
un braccio allungato
una bocca mezza aperta
una mano
a coppa sul seno
sognatrici rapite
o realiste pietrificate
immobili alla deriva
sorelle perdute o
donne innamorate
di sé o di altri
pallidi corpi avvolti
nella notte delle donne
lambite dalla luce
in una terra gonfia
di desideri sognati
di delizie sognate
Ancora a noi sconosciute
e tuttavia non più
estranee.

venerdì 30 marzo 2012

L’Estaque

 

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Paul Cézanne, L’Estaque, 1885
Parigi, Museo d’Orsay

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ALLEN GINSBERG

I PORTI DI CÉZANNE

In primo piano scorgiamo il tempo e la vita
travolti in una corsa
verso il lato sinistro del dipinto
dove l'onda incontra l'onda.

Ma quel punto d'incontro
non è rappresentato;
non ha luogo sulla tela.

Nell'altro lato della baia
ci sono il Cielo e l'Eternità,
con una tetra foschia bianca sulle montagne.

E l'acqua immensa di L'Estaque è un mediatore
per le minuscole barche a remi.

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(Grazie a Beatrice Orlandini per la segnalazione)

giovedì 29 marzo 2012

Julie Manet e il suo levriero Laerte

 

Julie_Manet_et_son_Levrier_Laerte

Berthe Morisot, “Julie Manet e il suo levriero Laerte”
Parigi, Museo Marmottan

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BEATRICE ORLANDINI

IDEALIZZAZIONE DI JULIE MANET

La pioggia sbava i visi
maschera di cenere.
I capelli stanchi
e i tuoi occhi soltanto
soli nell’ombra come larghi laghi
dilagarono un giorno...
La pioggia è rammollita neve sciolta
infiniti specchi grigio riso sull’asfalto dopo i matrimoni:
lo stesso mare di altre isole dorate.
E i tuoi occhi soltanto
come buchi bianco secco di pelle di tela nella china
spessa, luce non assorbita,
luce non assorta.

 

© Beatrice Orlandini

mercoledì 28 marzo 2012

Golconda


Golconde

René Magritte, Golconda
Houston, The Menil Collection

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ERICH FRIED

MALINTESO DI DUE SURREALISTI

“Piove”
disse lei
“un uomo dal cappotto nero
passa per la via”
disse lei.
 
Magritte però
non la sentiva
più tanto bene
 
(infatti lei lo disse soltanto
anni dopo la morte di lui)
 
Così non sentì più
le ultime tre parole
e capì soltanto
“piove un uomo dal cappotto nero”
e lo dipinse.


(Un doveroso grazie a Beatrice Orlandini per avermi segnalato la poesia – estendo l’invito a chi volesse arricchire il Museo Poetico)

martedì 27 marzo 2012

Composizione con largo quadrato

 

mondrian

Piet Mondrian, Composizione con largo quadrato
rosso, giallo, nero, grigio e blu

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ALFONSO GATTO

NOTTURNO PER MONDRIAN

Più o meno,
croci armoniose
dell'alfabeto che non parla mai.
Di sé solo perfetto
cimitero di segni
l'infinito.

(da Osteria flegrea, 1962)

lunedì 26 marzo 2012

I cavalli innamorati

 

Aligi Sassu, I cavalli innamorati

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RAFFAELE CARRIERI

I CAVALLI INNAMORATI DI SASSU

Mai il nostro cuore fu più sonoro
Di musica terrestre:
I germogli i muschi le foglie
S'accordavan all'oro danzante
Dell'autunno silvestre.
Come cavalli in amore
Sospinti dai flutti
Il nostro furioso cuore
Crepitava al galoppo doppio
Nell'onda confusa degli occhi
Aperti come golfi.
Immoto era il falco
Sulla cima dell'olmo.
Batteva il tuo zoccolo
La fertile terra mia
Senza ferire la cicala
Che al mio canto s'univa
Nella ressa degli arbusti.
Mai morsi furono più teneri
Nella persica tardiva.
Disfatte erano le praterie
All'impetuoso roteare delle code:
Miscela di papaveri e ramarri,
Mulinelli di coralli.

Mai, mai più sentirò amore stormire
Tra le fulgide ginestre
Come l'acqua nel fuggire.

(da I cavalli innamorati di Sassu, 1973)

domenica 25 marzo 2012

Stanza d’albergo / 2



Edward Hopper, “Hotel Room”, 1931
Madrid, Museo Thyssen-Bornemitza

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JOSEFA PARRA

STANZA D’ALBERGO, 1931

(Edward Hopper)

Se c'era ancora una promessa
tra me e te, un’offerta
prolungata, una luce laggiù
da poter seguire;
se restava la speranza
- sebbene fosse una triste
piccola speranza -;
se anche le tue labbra
mai hanno pronunciato
la parola mortale che io desideravo,
o qualcosa che le assomigliasse,
penso che ancora avrei trovato
una ragione per aspettarti.
E chissà se il commercio di carne
non fu, in qualche modo, una promessa?

(da Alcoba del agua, Quórum, 2002)

sabato 24 marzo 2012

Autoritratto – Rembrandt

 

 

Rembrandt Harmenszoon Van Rijn, Autoritratto"
L’Aja, Mauritshuis

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ELIZABETH JENNINGS

TARDI AUTORITRATTI DI REMBRANDT

Ti sei confrontato con te stesso. Ogni anno
Le guance si riempiono, la pelle imbruttisce.
Tu non batti ciglio. Guardi fisso
In te, al di là di te. L'accuratezza del tuo pennello
Corre insieme all'autoconoscenza. Qui

L'umiltà è tutt'uno con il mestiere
Non c'è arroganza. L'orgoglio è lontano
Dall'introspezione. Fai galleggiare la luce
Proprio come vuoi. Il tuo viso è livido e ferito
Ma c'è rimasto ancora amore.

L'amore per l'arte e per gli altri. Fino alla fine
L'esperimento è continuato. Guardavi fisso oltre
La tua età, i tempi. Hai colto il passato
E lo hai moderato. Gli autoritratti capiscono,
E la vecchiaia può privarci,

Con cambiamenti sinceri, della paura della morte.
Guarda, una nuova angoscia. Là, il naso gonfio,
La tristezza e la gioia. Dipingere è respirare,
e tutto il buio è osato. Hai scelto
con cosa ognuno deve fare i conti.

(da Collected Poems, 1987)

venerdì 23 marzo 2012

Ninfee

 

Claude Monet, “Ninfee”, 1906
Chicago, Art Institute

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LAWRENCE FERLINGHETTI

LE NINFEE DI MONET TREMANO

Monet non ha mai saputo
che stava dipingendo le sue "Ninfee" per
una signora del Chicago Art Institute
che è andata in Francia e ha filmato
le ninfee di oggi
dal "Ponte a Giverny"
una foglia vi galleggia in mezzo
e il film ora tremola
all'ingresso con le sue visioni incorniciate
e un sottofondo di piano di Debussy
inondando con una nuova fluorescenza (fior-essenza?)
sale e sale
di ninfee

Monet catturò una Nuvola in uno Stagno
nel 1903
e colse un primo sguardo
delle sue ninfee
e per vent'anni tornò
ancora e ancora a dipingerle
cosa che adesso ci dà l'impressione
che galleggiava attraverso la vita su di esse
e sui loro riflessi
sui quali non sapeva
che avremmo avuto anche noi l'occasione
di riflettere

E neppure avrebbe potuto sapere
che John Cage avrebbe suonato
”Cello with Melody-driven Electronics”
stasera all'Università di Chicago
facendo tremare quelle Ninfee mutate in luce nera.

giovedì 22 marzo 2012

Stanza d’albergo / 1


Edward Hopper, “Hotel Room”, 1931
Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza

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LARRY LEVIS

EDWARD HOPPER, HOTEL ROOM, 1931

La ragazza è ancora seduta sul letto,
Guarda giù. La stanza è così stretta e lei continua
A tenere i gomiti appoggiati sulle cosce nude,
Come se ciò la potesse aiutare.
Indossa, ora, solo una corta sottoveste arancione
Che scende fino alla vita ma non
Consola il suo corpo trascurato.
Dovrebbe dormire, adesso, a parte tutto.
E il suo volto, in ombra,
È più silenzioso di questo dipinto, di ogni
Dipinto: vi si legge la tristezza, bianco scafo
Di una nave che attraversa, lenta, le pietre di un molo,
Anche se non c'è oceano per mille miglia,
E fuori da questa stanza posso immaginare soltanto il Kansas:
Il suo grano, i silos anneriti, e, oltre,
Le pianure che ti guardano fisso finché
Un giorno tua madre, in ginocchio sulle esalazioni
Di un pavimento di legno, comincia a ridere forte.
Quando la visiti, vedi la stessa erba secca
Intorno al bordo del ricovero, e qualche falena,
Bianca e sfacciata, sui mattoni umidi, là,
Dove ora vive. Non ti
Riconosce mai.
Hai venduto la casa, e messo all'asta ogni cosa
Della casa, finché
Ti sono rimasti una borsa, un paio di scarpe nere
Adatte, e un bel vestito a fiori. C'è un assegno
Tra le tue mani e le ginocchia nude, per tutto —
La terra e il grano di cui non ti è mai importato,
Che non hai mai toccato, o perché.

*

Pensi alle curve, agli archi lenti e leggeri
Dei porti in California: Half Moon Bay,
Malibu, nomi che sembrano spogliarsi
Quando li dici, spiagge che restano bianche
Finché non ci vai. Eppure, hai trentacinque anni,
E non sei troppo vecchia per essere una donna sola,
Che viaggia verso ovest con una borsa sul suo grembo grigio
Mentre tutto il Kansas muore nel suo sguardo…

*

Ma non sei mai partita, non ti sei mai svegliata
Per andare giù per Grain Street fino alla stazione scintillante,
Non hai mai guardato fuori le rotaie gelide, non hai aspettato
Che il treno sbuffasse il suo fumo nero
Nel cielo come qualcosa di importante.
E adesso è troppo tardi per te. Adesso nessuno,
Sollevando il bavero contro il freddo
camminando a ridosso delle bianche facciate delle case,
Inondate da un sole pieno, sa perché
Hai continuato a sedere qui per quarant'anni, tutta sola,
Quasi fuori dal dipinto, mezza nuda.


(da The Dollmaker’s Ghost , Carnegie Mellon University Press, 1981)

mercoledì 21 marzo 2012

La camera di Arles

 

 

Vincent Van Gogh, “La camera di Arles”, 1888
Amsterdam, Van Gogh Museum

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LUCIANA BIANCHI CAVALLERI

LA "CAMERA DI ARLES”

Ha panni appesi e la finestra semichiusa,
letto sghimbescio e tavolino sulle ventitré
il giallo e l' ocra stemperati dall’assenzio:
verdi ed azzurri i muri, intatto il loro freddo.

Freddo anche il vuoto d’una presenza assente,
in quella sedia che s’accosta al letto e l’altra
che disposta in primo piano chiede, senz’avere,
ospiti altri che il tocco della tavolozza amata.

Pennelli posati alla rinfusa: tra le poche cose
che donano colore all’esistenza, i quadri appesi
storti ed incombenti, come la vita gelida e negata
che vi si racchiude e ti ha rinchiuso - qui e altrove.

La prospettiva è strana e molto personale
e la finestra rimane semichiusa: sottintendendo
un limite assillante, vissuto e non compreso
che t'assale  - e si dissolve, assolo, nel colore.

Incorniciata voce, tuo messaggio:
emblema d'una vita impresso in tela.

           

                                             (© Luciana - novembre 2006)

 

http://www.lucianabianchicavalleri.com/2008/04/la-camera-di-arles.html

Ritratto di Giovanna Tornabuoni

 

 

Domenico Ghirlandaio, “Ritratto di Giovanna Tornabuoni”,
Madrid, Museo Thyssen-Bornemitza

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ANTONIO GÓMEZ HUESO

GIOVANNA TORNABUONI

La sua serena bellezza non si può paragonare a nulla,
né lei vuole saperlo nella sua eleganza silenziosa.
Divino profilo di sobria dolcezza
con il nobile pallore della luce corporea.
Uno sguardo che contempla lo scorrere dei secoli
e niente può valere tanta bellezza
se non una posa immobile in sua presenza.
Bella nobildonna fiorentina,
io e te, per quanto sembri impossibile,
siamo,
nella magia di questo istante.

martedì 20 marzo 2012

Paesaggio con la caduta di Icaro / 2

 

Pieter Bruegel il Vecchio, “Paesaggio con la caduta di Icaro”
Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique

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WYSTAN HUGH AUDEN

MUSÉE DES BEAUX ARTS

Sulla sofferenza non erano mai in torto,
i Vecchi Maestri: come capivano bene
la sua umana posizione; come essa si svolga
mentre qualcun’altro mangia o apre una finestra o cammina annoiato;
come, mentre i vecchi attendono rispettosi e appassionati
la nascita miracolosa, ci siano sempre
bambini a cui non importa niente che essa avvenga, e pattinano
su uno stagno al limite del bosco;
non dimenticavano mai
che anche il tremendo martirio deve avere il suo corso
in qualche modo in un angolo, in qualche squallido posto
dove i cani continuano a vivere da cani e il cavallo del torturatore
si gratta l’innocente deretano contro un albero.

Nell’Icaro di Bruegel, per esempio: come ogni cosa si volge
del tutto tranquilla dal disastro; il contadino
può avere udito il tonfo, il grido desolato,
ma per lui non era un problema importante; il sole splendeva
come doveva fare sulle bianche gambe che scompaiono nel verde
dell’acqua; e la nave lussuosa e snella che aveva pur visto
qualcosa di sorprendente, un ragazzo che cade dal cielo,
sapeva dove andare e calma continuava a navigare.

(da “Collected Poems”, 1976)

lunedì 19 marzo 2012

Paesaggio con la caduta di Icaro / 1

 

Pieter Bruegel il Vecchio, “Paesaggio con la caduta di Icaro”
Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique

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WILLIAM CARLOS WILLIAMS

PAESAGGIO CON LA CADUTA DI ICARO

Secondo Brueghel
quando Icaro cadde
era primavera

un contadino arava
il suo campo
tutta la cerimonia

dell’anno era
in cammino formicolando
vicino

alla riva del mare
intenta
solo a sé

sudando nel sole
che fuse
le ali di cera

non lontano
dalla costa
c’era

un tuffo del tutto ignorato
era
Icaro che annegava.

(da “Immagini da Bruegel e altre poesie”, 1962)

domenica 18 marzo 2012

La lattaia

 
 
Johannes Vermeer, “Het melkmeisje”
Amsterdam, Rijksmuseum

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WISŁAWA SZYMBORSKA

VERMEER

Finché quella donna del Rijksmuseum
nel silenzio dipinto e in raccoglimento
giorno dopo giorno versa
il latte dalla brocca nella scodella,
il Mondo non merita
la fine del mondo.

(da “Qui”, 2009)